'E pummarole
Il lungo mese di
agosto si presenta ogni anno così.
I giorni sono
scanditi in funzione del dì di festa. Non il Ferragosto, non la
partenza per il mare. Il giorno in cui si preparano le conserve di
pomodori. Famiglie intere si riuniscono per una giornata di intensa
produzione, mentre si scambiano, festose, chiacchiere sollecite ed
aneddoti tramandati di generazione in generazione. Si sentono voci
stridule che dirigono semplici e complesse operazioni; si disperdono
nell'aria tintinnii di movimenti celeri e trasparenti nei vetri
maneggiati.
Rossi frutti
succosi, maturati nei campi assolati, pieni di densa polpa e
piccolissimi semini gialli, percorrono il loro cammino in colorate
casse di plastica, impilate una sull'altra, su lunghi tir stracolmi
che transitano indisturbati lungo le nostre strade. Chili di pomodori
giungono nei locali di preparazione nelle stesse cassette, maturi,
odorosi, turgidi e polverosi, nella loro forma leggermente allungata
e con verdi ciuffi sul capo rotondo.
Piccole imprese
familiari, improvvisate quanto collaudate, si adoperano, in
attrezzatissimi locali al pianterreno, organizzate secondo
efficientissime catene di montaggio. Ad ognuno il suo compito.
Sveglia all'alba per
aggirare la calura del mese estivo per eccellenza; colazione veloce
quanto sostanziosa; ci si infila gli abiti da lavoro, freschi e un
po' rovinati, e si dà il via al laborioso procedimento di
elaborazione della conserva.
Dalle cassette di
plastica alle capienti bacinelle azzurre e color arancio, piene
d'acqua fresca e limpida; i pomodori vi si tuffano, schizzando gocce
di faticoso entusiasmo sulle gambe nude e sui piedi scoperti nelle
ciabatte. Mani veloci e sapienti spingono i pomodori verso il fondo
della bacinelle, in un vortice di rosso lucido che scende e subito
dopo, pesante, risale alla superficie. Gli operai
rovesciano frettolosamente l'acqua ormai polverosa e la ricambiano
facendola fluire attraverso lunghi tubi di gomma verde.
Nel frattempo,
qualcuno provvede a cogliere, una ad una, profumatissime foglie di
basilico, riponendole con cura in un grosso recipiente. Ad ogni stelo
staccato dal ramo, l'aria si inonda di quel fresco profumo estivo; la
pelle delle dita, a contatto con la foglia ruvida e morbida, si
inzuppa di quell'odore verde che passando attraverso il naso provoca
il chiacchiericcio delle papille gustative.
Acqua e ancora acqua
per inondare bottiglie di vetro, trasparenti, verdi o giallo scuro,
di diverse forme e dimensioni, pazientemente collezionate durante la
stagione invernale, in passato contenenti i liquidi più disparati.
Altro che vuoto a rendere: tutto fa parte di un saggio ciclo di
riciclo.
La distesa lucida di
pomodori, che regala un'estasi visiva, viene riposta velocemente
ancora in quelle cassette colorate; gocce brillanti scivolano via
dalla scorza liscia e passando attraverso i fori scorrono sulla
terra, che immediatamente sprigiona un dolce profumo di umida arsura.
Dita piccole
infilano nel collo di ogni bottiglia una fogliolina di basilico: si
prende la foglia, si mette nella bottiglia, che viene poggiata su un
piano, creando distese di vetro vuoto. Un alto calderone d'acciaio
viene riempito con acqua fresca, in cui si tuffano i frutti della
terra che con la loro salsa delizieranno, per il resto dell'anno, i
palati di commensali quotidiani e di festa. Il calderone,
scaldandosi, esala un delizioso profumo di sugo bollito nell'aria
pesante e calda. Giunge sulla scena, indiscusso, un grande trituratore
che riduce i pomodori in salsa. Fiumi rossi e caldi scivolano
irrompendo da un bocchettone, mentre da un altro si raccolgono le
scorze, figlie del pomodoro esaurito.
Le donne di casa si
avvicinano con una pentola da cucina per preparare finalmente un
pasto veloce ma gustoso e casereccio, desiderose di assaporare
un'anteprima del prodotto di una giornata di festa faticosa.
Et
voilà, ora compare l'imbuto che paziente si infilerà e si sfilerà
dalle accoglienti bottiglie per dividere e dirigere il fiume rosso in
ogni recipiente fin quasi all'orlo. Riempita, ogni bottiglia passa
nelle mani di chi ha il compito di tapparle, che afferra il braccio
dell'apposita macchinetta manovrandolo attraverso un rapido movimento
discendente. Le ultime mani che la bottiglia attraverserà saranno
quelle di chi, con cura e sapiente ingegno dell'incastro, la riporrà,
ancora una volta nel calderone, per un'ultima bollitura.
Il lavoro è finito
e, nell'attesa che l'ultimo passaggio sia compiuto, gli operai si
guardano i vestiti macchiati di schizzi rossastri, si toccano la
pelle appiccicosa per l'umido dell'aria e del sudore ed inspirano
profondamente con il naso per sentire l'odore aspro e dolce del
pomodoro, re delle nostre tavole.
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