Mes-saggi
La tranquillità
nostalgica del mare d'autunno; il lungomare deserto all'imbrunire,
malinconicamente abbandonato agli schizzi odorosi di salsedine che
giungevano inevitabili alle sferzate di ogni onda contro gli scogli.
Cielo e mare si fondevano in tutte le sfumature del grigio: dalle
nubi gonfie d'acqua che riflettevano, irregolarmente tondeggianti, la
fioca luce di un tramonto stanco, alla distesa ondulata del mare
infervorato che si perdeva all'orizzonte, mostrando qua e là linee
biancastre di spuma increspata.
Gli occhi cerulei di
Charline riflettevano quel miscuglio di luce e acqua, adottandone le
venature e fondendosi con esso. Luccicavano a contatto con il vento,
riempendosi di lacrime abbondanti che in certi attimi non riuscivano
ad essere contenute dalle palpebre e scorrevano veloci, solcando le
gote arrossate. Gli schizzi invisibili di acqua salata ed i rigagnoli
indelebili prodotti dai suoi occhi si incontravano con ciocche dei
suoi capelli scuri abbandonati all'energia del vento; a tratti, ciocche crespe si
appiccicavano alla fronte ampia o finivano impigliate alle labbra
umide, passando negli angoli della bocca ad ogni caldo sospiro di
Charline.
Il suo sguardo
vagante si posò sugli scogli sotto i suoi piedi, al di là della
ringhiera grigia saldamente affondata in un muretto di mattoni.
Proprio lì, noncurante della tempesta ed altrettanto saldamente
afferrata agli scogli, si adagiava una bottiglia di vetro
trasparente, chiusa da un tappo di sughero scurito per effetto dell'acqua
assorbita.
A Charline sembrò di scorgere, all'interno della bottiglia, un foglio di
carta biancastra arrotolato. Un messaggio in una bottiglia. "Ma
quelle non esistono solo nelle favole e nelle canzoni?" pensò
Charline. Forse aveva preso un abbaglio. Ma il mare continuava
incessantemente ad avanzare e ritirarsi, e la bottiglia restava ferma
lì. "E' incredibile, sembra che mi stia chiamando".
In un
attimo dimenticò la forza pericolosa del mare in tempesta e con un balzo agile
e scattante scavalcò la ringhiera e scese sugli scogli,
approfittando di un momento di tregua in cui le onde si erano
ritirate. Afferrò la bottiglia, la infilò nella tasca posteriore
dei jeans e fece forze sulle braccia per sollevarsi dagli scogli,
poggiando le mani sul muretto; poi tirò su le gambe e veloce si alzò
in piedi, evitando di voltarsi per controllare l'avanzata del mare e
pronta a sentire una cascata di acqua fredda sul suo corpo. Si
attaccò con entrambe le mani alla ringhiera appiccicosa e
scavalcò di nuovo, avviandosi verso la panchina.
Sfilò la bottiglia
dalla tasca e si sedette; il fiatone coprì il vetro di condensa e le
dita ancora tremanti per lo sforzo si affrettarono a tirar fuori il
tappo dalla bottiglia.
Charline srotolò smaniosa il foglio umido.
«Non
c'è cosa più difficile che accettare gli altri nella loro diversità. A volte, neppure sforzarsi volontariamente serve, perché
l'accettazione è un atto che presuppone un processo graduale di
cambiamento interiore. Non sono gli altri a dover
cambiare per noi, poiché sarebbe impossibile, come voler trasformare
un cane in un gatto. Sono i nostri schemi rigidi a dover diventare
flessibili, preservando una recinzione, un proprio modo di
essere inattaccabile ed invulnerabile, un angolino in cui rifugiarsi
per osservare da lontano tutto quello che succede intorno.
Dobbiamo aprirci alla diversità.
Non esiste una
categoria di persone che ci affrettiamo ad etichettare come
"incompatibili" con noi stessi. Quelle stesse
persone, inevitabilmente, incontreranno persone con loro, al
contrario, compatibili, come i pezzi di un puzzle. Per questo motivo,
anche il modo in cui le persone si rendono compatibili con noi
dipende anche da noi. Siamo costituiti da mille facce, tutte
ugualmente autentiche, che mostriamo a seconda di chi abbiamo di
fronte, scegliendole attraverso rapide valutazioni inconsapevoli. Prendendo atto di questa verità, ognuno può godere dei lati positivi che ogni
essere umano incontrato sulla propria strada possiede e, nelle
giuste condizioni, può offrire. Apertura
all'incontro con l'altro vuol dire anche questo: mettersi in gioco
senza avere pregiudizi e senza precludersi alcuna possibilità».
Quando staccò gli
occhi dal pezzo di carta, Charline vide una sagoma camminare sul
mare, improvvisamente ed inavvertitamente piatto. Un uomo di mezza età
dall'andamento ciondolante, canuto e con i capelli lunghi, si
allontanava verso l'immensità con le mani in tasca.
Incredula, Charline
abbassò la testa osservando la bottiglia tra le sue mani, con i
palmi rivolti verso l'alto; poi subito rialzò lo sguardo verso il
punto in cui l'uomo camminava. Non c'era più, ed il suo passaggio
era stato inghiottito dalle onde.
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