L’uomo che osservava i bambini: John Bowlby e la Teoria dell’attaccamento
C’era una volta, non molto tempo fa, un uomo che incuriosito dal comportamento infantile. Osservava i bambini degli orfanotrofi londinesi, per cercare di studiare gli effetti della deprivazione materna sulla loro crescita. Insomma, voleva vederci chiaro sullo sviluppo psicologico.
Pensava che la teoria di Freud non fosse
poi così strampalata, ma, tra le altre cose, aveva bisogno di più consistenti
dati empirici. Considerava il suo stesso pensiero come un prolungamento ed un
ampliamento della teoria psicoanalitica, piuttosto che come un’opposizione ad
essa.
Pensava che l’uomo è pur sempre un
discendente della scimmia e che dai geni il comportamento, frutto
dell’evoluzione della specie, trae moltissimi spunti. Questo punto di vista lo
aveva mutuato dalla teoria etologica, secondo la quale ogni specie animale
porta nel suo DNA dei comportamenti innati specie-specifici, ovvero tipici di
quella specie e presenti alla nascita, indipendentemente dall’apprendimento.
Infine, era convinto che le persone non
sono esseri avulsi dal contesto sociale e relazionale, ma da esso ricavano dei
feedback in base ai quali si auto-regolano. Questa idea era tratta, invece, da
una teoria sviluppata in ingegneria, secondo la quale i sistemi di controllo
sono orientati ad uno scopo e, per raggiungerlo, usano dei feedback, regolandosi,
proprio come accade per il meccanismo del termostato.
Cosa c’entrano tutti questi spunti con la
teoria dello sviluppo psicologico di John Bowlby?
Lo studioso osservò che il neonato
manifesta dei sistemi comportamentali innati, i riflessi (ad esempio, afferra
un oggetto che gli viene posto nel palmo della mano), che sono volti alla
sopravvivenza della specie: favoriscono la vicinanza del bambino, che non è
capace di provvedere da solo a se stesso, a chi si prende cura di lui. Innati e
volti allo stesso scopo sono anche i comportamenti di segnalazione, come il
pianto, il sorriso, il balbettio. Crescendo, poi, il bambino, verso i 6-9 mesi,
sviluppa un attaccamento verso uno o più adulti in particolare e questo è
testimoniato dal comportamento di protesta che il bambino attua quando viene
separato da quell’adulto.
Tutti questi comportamenti, a loro volta,
fanno in modo che l’adulto di riferimento resti in prossimità del bambino per
prendersene cura e soddisfare le sue esigenze.
In altre parole, si crea tra adulto e
bambino un sistema di attaccamento:
ad un comportamento del bambino corrisponde un comportamento dell’adulto, ed i
comportamenti di entrambi diventano, alla fine, sincronizzati.
Il bambino sviluppa, in questo modo e man
mano che cresce, dei modelli operativi
interni, ovvero delle rappresentazioni mentali dell’adulto, di se stesso e
della loro relazione, che fungono da guida per il suo comportamento, in quanto
dicono al bambino cosa aspettarsi in una determinata circostanza relazionale e
lo aiutano ad interpretare e valutare situazioni nuove. Tali rappresentazioni
avranno ripercussioni sul modo in cui il bambino, ed in seguito anche l'adulto, si relaziona agli altri.
La ricerca ha individuato quattro tipi di
attaccamento che un bambino può sviluppare nei confronti della figura di
riferimento. La tipologia di attaccamento che il bambino sviluppa potrà essere
o meno funzionale alla sua crescita sana.
Di questo tema e delle tipologie di
attaccamento si è molto occupata Mary Ainsworth, la quale ha condotto numerosi
studi di laboratorio, sviluppando una vera e propria procedura sperimentale, la
Strange Situation, attraverso la
quale è possibile valutare lo stile di attaccamento del bambino, in base alla
sua reazione alla separazione dalla figura di attaccamento, al ricongiungimento
fra i due ed alla reazione del bambino alla presenza di un estraneo.
Nel corso degli anni la Teoria dell’Attaccamento
è stata ampliata attraverso la conduzione di diverse ricerche, non ultime
quelle sulla trasmissione intergenerazionale dei modelli operativi interni: un
adulto che ha sviluppato da bambino un certo tipo di attaccamento, nel momento
in cui diventa genitore risponderà alle esigenze del figlio, con molta
probabilità, con le stesse modalità con cui i genitori hanno risposto alle sue.
Questo aumenta la possibilità che il figlio sviluppi il suo stesso tipo di
attaccamento.
Gli studi condotti nell'ambito della Teoria dell'Attaccamento hanno avuto una importante ricaduta applicativa: è stato visto, ad esempio, che un bambino che sviluppa una tipologia di attaccamento cosiddetta disfunzionale (ovvero, non di aiuto per la sua crescita sana), da adulto avrà un rischio maggiore di sviluppare determinate patologie, rispetto a chi, invece, presenta uno stile di attaccamento non disfunzionale.
Fonti:
Miller, P. H. (2002). Teorie dello sviluppo psicologico.
Bologna: Il Mulino.
Bowlby, J. (1969). Attachment and loss, vol. 1: Attachment. London: Hogarth.Bowlby, J. (1973). Attachment and loss, vol. 2:
Separation: Anxiety and anger. London: Hogarth Press.
Bowlby, J. (1980). Attachment and loss, vol. 3: Loss: sadness and depression. London: Hogarth Press.
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