Punti di vista
«Davvero credi che sia tu ad essere sbagliata?». Annette
rimase un minuto in silenzio; roteava lo sguardo nel vuoto allo stesso modo in
cui roteava il contenuto della tazza in cerca di una risposta. Anzi, ce l’aveva
la risposta, ma sperava che dalla sua bocca sarebbe uscita una verità comoda
piuttosto che la verità di cui era convinta.
«Vedi, George, è che io sono abituata a mettermi in
discussione, sempre. Tu la chiami insicurezza; per me è solo mettersi
costantemente in gioco; non riesco ad essere immune al punto di vista altrui,
ho bisogno di considerarlo per avere una comprensione più reale delle cose».
Intanto tamburellava con le dita sul tavolo e agitava
smaniosamente, con un ritmo forsennato e sistematico, la gamba destra.
«Ancora una volta, ci stiamo riferendo allo stesso concetto
dandogli un nome diverso. Quello che tu chiami essere aperta a considerare il
punto di vista degli altri, per me è volere a tutti i costi ricevere la loro
approvazione – aggiunse George -. Ma vedi, Annette, dovresti imparare a non far
oscillare i tuoi umori in base ai comportamenti degli altri».
«Il punto è che io ho scoperto cosa rende gli esseri umani
inquieti» - «Sentiamo un po’, sono curioso» irruppe George strofinandosi la
mascella. «È la mancanza di progetti- continuò Annette - che rende l’uomo
inquieto. Che ti fa vivere in attesa di qualcosa che tarda ad arrivare, a
dispetto di tre quarti di pianeta che si ostinano a dirti “arriverà”. Che ti fa
frullare ogni secondo nella testa il pensiero di un cambiamento radicale, ma
non ti fa muovere di un passo, né avanti, né indietro. Poi ti guardi intorno e
vedi che tutti gli altri trascorrono le loro giornate in funzione di qualcosa
ed hanno un piano: la realizzazione personale, il lavoro, l’appagamento
sentimentale, i figli. E non sto parlando esclusivamente di progetti a lungo
termine. Anche chi professa di vivere alla giornata, ha un progetto per quella
giornata. Oziare, vedere il tramonto, vivere alla giornata, anche quelli sono
progetti. E quando non ce l’hai tutto questo?».
«Si chiama depressione, Annette
mia».
Annette si alzò pensierosa dalla sedia del caffè, guardando
George con rigidità ma con un senso di liberazione impresso sul viso. Aveva
scoperto un’altra grande verità.
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