'Il demone' di J. Tanizaki



Le prime sensazioni? Un'angoscia opprimente. L'agitazione che ti assale. Il demone.

Gli ambienti sono angusti, essenziali, quasi soffocanti. I personaggi inquietanti. Saeki, il ragazzo che trascorre la maggior parte del tempo a tormentarsi. La cugina, Teruko, che appare come una ragazza spudorata e lussuriosa. Suzuki, quello che definiremmo generalmente un "pazzo". La madre di Teruko, zia di Saeki, che sembra soggiogata dalla figlia e dal terrore.

Di certo, il romanzo è lo specchio di altri tempi (risale, infatti, al 1912). Tuttavia, la mia impressione è che rifletta, per certi versi, anche quella parte della società giapponese attuale che, pur attribuendo un'importanza fondamentale alla compostezza, alla dissimulazione di emozioni e sentimenti, al rispetto per il prossimo, riserva l'estrinsecazione delle pulsioni meno accettabili all'interno delle mura domestiche.

Avevo avuto una percezione simile anche leggendo, sempre di Tanizaki, La chiave (risalente agli anni '50), commentato in un post precedente (riportato qui sotto).

'La chiave' di J. Tanizaki


Queste sensazioni mi sono sembrate ancor più verosimili quando ho visitato il Giappone. Il dubbio si è insinuato in me nel momento in cui ho appurato l'esistenza di vagoni dei treni dedicati esclusivamente alle donne, per via dei silenziosi, nascosti e non denunciati palpeggiamenti da parte degli uomini.


In una parola: Soffocante.

Il segno che mi hai lasciato...
Finì di fumare, schiacciando il mozzicone nel posacenere, e si voltò verso la finestra: il cielo era tenebroso, privo di stelle. Non era riuscito a tranquillizzarsi completamente e la sua irritazione permaneva. Aveva l'impressione che innumerevoli, minuscoli gnomi si agitassero come vermi nel suo petto dandosi battaglia.


Libro vuol dire libero


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